Made in Italy: l’eccellenza creata per durare

Il Made in Italy è un’etichetta restrittiva. Anzi, è tra le più restrittive in assoluto. Se ad esempio del Made in Germany e del Made in U.S.A. possono insignirsi prodotti in cui solo le fasi produttive “essenziali” siano avvenute nei rispettivi territori federali, il Made in Italy vale solo per prodotti fabbricati interamente in Italia e realizzati con materie prime di qualità. Non a caso, secondo lo studio Made-in-Country-Index di Statista nel 2019, il Made in Italy mantiene la sua ottima reputazione tra i consumatori di tutto il mondo collocandosi al settimo posto rispetto alle altre diciture di “Made in” su scala globale.

E qual è la ragione di questa stima?

Nella mente dei consumatori, Made in Italy non indica soltanto un luogo di produzione entro i confini del Belpaese. Evoca piuttosto un approccio olistico al lavoro diventando sinonimo indiscutibile di eccellenza e tradizione artigiana in grado di rispettare standard qualitativi massimi, offrire molteplici possibilità di personalizzazione e, al tempo stesso, fornire quantitativi industriali. Dagli anni Ottanta i termini maggiormente associati al Made in Italy sono creatività, sapienza manuale, eleganza e qualità. E ancora trent’anni dopo, nel 2020, significa sostenere una filiera di piccole e medie imprese che richiedono ai fornitori e offrono ai clienti eccellenza; significa scegliere la certezza di prodotti che concretizzano il saper fare italiano perfezionato da tradizioni famigliari durevoli; significa valorizzare un patrimonio culturale tangibile riconosciuto e apprezzato in tutto il mondo.

Il Made in Italy nel futuro

Oggi molte aziende stanno ragionando sui punti di unicità del Made in Italy per riconfermare il primato di eccellenza nazionale ma anche, visto il contesto di incertezza che stiamo affrontando, per organizzare una ripartenza collettiva. I professionisti del lusso, del design e della manifattura – settori economici che rappresentano oltre il 30% del PIL nazionale – individuano tre punti fondamentali per un “ritorno alla normalità”:

  • Innovazione Massimo Carnelos, capo economista dell’Ambasciata Italiana in Gran Bretagna, ricorda che l’Italia è sì alfiere mondiale dell’eccellenza nei settori moda, design e cibo, ma rimane anche leader nella produzione di macchinari al pari della Germania. Le aziende nazionali dovrebbero perciò investire in nuove tecnologie e collaborazioni con altre realtà nazionali per rendere la sapienza tradizionale all’avanguardia e competitiva. L’obiettivo di questo aggiornamento dei processi produttivi? L’intransigenza sulla qualità che ha reso unica la manifattura italiana fino a oggi.
  • Collaborazione tra aziende: nei decenni il tessuto economico del Paese si è strutturato secondo una micro-imprenditoria diffusa, ma ora più che mai si stanno diffondendo iniziative di collaborazione e salvaguardia anche tra aziende che normalmente sono in una virtuosa competizione nel mercato. C’è un desiderio condiviso di mettere a sistema gli sforzi dei singoli per una ripresa che non lasci nessuno indietro. Stefano Gabbana, co-fondatore dell’azienda del lusso D&G, in un’intervista per il giornale Elle afferma che è importante «restare uniti […] e aderire a progetti comuni».
  • Lavoro umanistico: nei primi giorni di aprile è nato il Design Manifesto, una carta di intenti firmata da aziende del settore design e arredamento quali B&B Italia, Bisazza, Boffi, Cappellini, Cassina, Flexform, Giorgetti, Molteni Group e Poltrona Frau. Tra le riflessioni proposte per dare forma al Made in Italy del futuro vi è quella del ritorno a una dimensione più umana del lavoro. È necessario, infatti, riconoscere che il sistema manifatturiero italiano prospera in tutto il mondo «grazie allo straordinario apporto di donne e uomini che ogni giorno immaginano e realizzano prodotti superiori per forma e contenuto, che clienti di tutto il mondo desiderano». Si tratta di un capitale umano, prima ancora che professionale, incalcolabile. Investire nella partecipazione attiva alla vita produttiva è importante per assicurare il benessere psicologico, famigliare e sociale. È indispensabile, insomma, far ripartire il Paese partendo dal valore delle persone.
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